Fanfiction Power Stone


Piccola storia di mia fantasia sul primo bacio tra Falcon e Ayame.
Per chi ha voglia di leggerla spero che mi lasci un commento!
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Buona lettura!
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Era ormai inverno nella terra del sole, i nostri amici si sono ritrovati una seconda volta a combattere contro un nuovo nemico, forse ancora più forte del primo, non lo conoscono ancora ma riconoscono le sue gesta e si domandano ancora come questo sia possibile dopo l’eliminazione di Valgas e la distruzione della “Dark Stone”. Si erano riuniti a casa di Edward solo in quattro, Ayame, Ryoma, Rouge e ovviamente Edward per parlare della terribile scoperta a Pride.
- Abbiamo incontrato persone strane nel nostro viaggio che si sono rivelate come burattini di una “Dark Stone”, anche se questo non è possibile, avevano anche loro schegge nere sul collo che si sono dissolte una volta sconfitti… - spiegò in breve Edward al padre.
- Non vedo come questo sia possibile, eravamo tutti presenti alla distruzione della pietra. - concluse Pride.
-Le assicuro che è vero! Anche io ero presente! Quelle strane gemme si staccavano dal corpo di quelle persone e si dissolvevano! Inoltre perdevano la memoria dei loro ultimi giorni! - intervenne Apollo.
- Grazie Apollo, ma non c’era bisogno che intervenissi, penso che mio padre mi creda quando parlo. -
- Hmm... alquanto strano! Ho bisogno del tuo aiuto Apollo! Seguimi. - quelle furono le ultime parole di Pride per quella sera mentre si ritirava nel suo ufficio con il fedele servitore. Sembrava molto serio e preoccupato del racconto del figlio. Intanto nella cucina la madre di Edward stava preparando la cena. Durante il pasto non si parlò della minaccia di un nuovo nemico,per rilassarsi i ragazzi parlarono di tutt'altre cose.
- Ragazzi, fra poco è Natale! C'è una festa giù in città, perché non andate a fare un giro? - a queste parole della madre di Edward, il viso di Rouge si riempì di gioia e disse: - Oh Ryoma! Ti prego andiamoci insieme! -
- Eh? Andare dove? - ribattè Ryoma facendo il finto tonto.
- Dai Ryoma! Sarà così romantico... io e te, soli in città e poi... - ma Edward interruppe: - POI UN BEL NIENTE! -
- Perchè? Che c'è di male? - chiese Ayame. Edward rispose infuriato per la gelosia: - Che c'è di male? In un momento come questo pensate a uscire e divertirvi voi? Il nostro nemico è là fuori! E magari è più pericoloso di quanto lo fosse stato Valgas! Non possiamo permetterci... - Edward non finì la frase che Rouge infuriata a sua volta disse: - Io volevo solo fare una passeggiata in città con  Ryoma e non credo che astenendoci da ciò potremmo in qualche modo migliorare la situazione rimuginando su cose che non sappiamo e su un nemico che non conosciamo! É per questo che siamo venuti da tuo padre e la verità è che tu sei solo geloso di Ryoma, ecco tutto! - a quelle parole di rimprovero Edward si zittì e si voltò arrabbiato.
- Oh su! Non litigate ragazzi... uscite tutti insieme no? - cercò di calmarli la madre di Edward. Rouge guardò Edward con tristezza e disse: - Scusami Edward, non volevo offenderti, è solo che... - Edward intervenne: - Non importa, tanto non cambierai mai idea. - si alzò e dirigendosi in camera sua concluse: - Potete uscire se ne avete voglia! A me però questa sera non va.- Rouge rispose con un bellissimo sorriso e disse: - Grazie per avermi capito! -
A quel punto Rouge chiese ad Ayame: - Tu non vuoi venire con noi? -
Ayame arrossendo un pochino rispose: - No io non vorrei        mai disturbarvi, è meglio se rimanete soli e poi se me ne vado Edward rimarrà solo e... -
- Ok! Ho capito... - disse ammiccandole (Ayame arrossì ancora di più).
–    Ci vediamo più tardi! Vero Ryoma? - esclamò Rouge prendendo Ryoma a braccetto quasi per trascinarlo via dalla tavola.
- Beh... io non ho mai detto che volevo venire e poi a me le feste non piacciono, preferisco stare in un posto tranquillo. - disse il ragazzo arrossendo.
- Bene! Allora ci troveremo un posticino tranquillo! - rispose Rouge. - Ma veramente... - non finì la frase che Rouge lo trascinò fino in corridoio.
Intanto Edward si era rifugiato in camera sua e steso sul letto pensava ancora geloso: < Ma cosa ci troverà mai in lui!?! Che ha di così speciale quel samurai!?! L'ho conosciuta prima io Rouge, le ho fatto prima io la corte, mentre quel samurai neanche ci prova! Non mi pare di essere così brutto da essere scartato! Hmm... che nervoso, se solo... > Edward fermò i suoi pensieri a causa della vocina di Ayame che lo chiamava.
- Cosa ci fai tu qui? - domandò ancora arrabbiato per la gelosia. La ragazza si avvicinò alle tende color oro e rispose: - Sono venuta a cercarti perché ero preoccupata, non ti trovavo più. Sei ancora arrabbiato? - il ragazzo rispose sarcastico: - Noo, figurati... - Ayame irritandosi per la risposta affermò: - Non c'è bisogno di fare così! Il tuo atteggiamento non cambierà le cose... Rouge è innamorata di Ryoma e lui contraccambia, anche se timido per dirlo! - a quel punto Edward infuriatosi ancora di più rispose: - Allora sei venuta qui a farmi la predica?!? Come se già io non le sapessi queste cose! Il tuo commento non mi è né utile né di consolazione, quindi puoi anche andartene! -
Ayame si intimidì alla reazione del ragazzo che non le aveva mai rivolto la parola a quel modo, ma gli rispose comunque con tono garbato, al contrario di come avrebbe fatto abitualmente: - Io, volevo solamente... farti capire che se ti arrabbi così non risolverai nulla e che io... volevo solo aiutarti. - così dicendo se ne andò via dalla stanza.
Edward rimasto solo un'altra volta si sentì ancora più male di prima, si rimise a letto, ma non riusciva più né a pensare né a riposare.
< Volevo solo aiutarti... > le parole di Ayame gli ronzavano in testa senza dargli pace. < Devo fare qualcosa, devo reagire... non posso stare qui da solo come un idiota quando là fuori tutti si stanno divertendo! > pensò mentre si rigirava nel letto. < E va bene... farò il contrario di tutto quello che gli altri si aspettano, mi divertirò anche io a modo mio! > Così, dopo una mezz'ora, Edward si presentò alla camera degli ospiti occupata da Ayame. Bussò alla porta, ma la ragazza non rispose, così entrò piano nella stanza quasi senza fare rumore, Ayame era seduta sul letto con le ginocchia al petto e guardò Edward senza fare espressioni e senza parlare. Il ragazzo disse: - Mi dispiace per prima, tu ora sei arrabbiata con me vero? Beh ti capisco, mi sono comportato da idiota, ci ho pensato e... ho capito che mi volevi in qualche modo consolare. -
Ayame non rispose mentre teneva la testa dritta e gli occhi fissi nel vuoto.
- Oggi non è proprio la mia giornata eh? - continuò Edward ridacchiando imbarazzato.
Ci fu un attimo di silenzio poi: - Mi piacerebbe che tu mi dicessi qualcosa... - allora Ayame rispose: - Non saprei che dirti...-
- Che mi perdoni? - chiese Edward con un sorriso, la ragazza rispose annuendo, allora Edward tirò un sospiro di sollievo, ma Ayame non aveva finito: - Ma non permetterti mai più di parlarmi in quella maniera! Sei stato arrogante ed aggressivo!-
- Promesso! - esclamò felice il ragazzo poi continuò: - Io vado a fare un giro...vuoi venire? - Ayame stupefatta della proposta fattale da Edward. 

Ayame domandò: - Ma avevi detto che non avevi voglia di uscire... -    -Beh, ho cambiato idea, se non ti va non sei obbligata. -
Ayame che si sentiva battere il cuore all'impazzata per quell'invito esclamò: - Ma certo che mi va! -
Edward rimase stupito dall'entusiasmo dimostrato dall'amica, la quale cercò di rimediare alla situazione imbarazzante: - Ehm, cioè... sì insomma, a me va bene, tanto non abbiamo nulla da fare qui! Eheh-mentre diceva ciò, diventò tutta rossa, in tutto il tempo che si conoscevano non erano mai usciti insieme completamente soli e soprattutto Edward non l'aveva mai invitata, questo le fece dimenticare il piccolo bisticcio di qualche momento prima.
I due ragazzi uscirono dalla casa e si diressero giù in città, Edward indossava un cappotto invernale lungo di colore blu, Ayame aveva invece un cappottino invernale anch'esso lungo color violetto, comprato qualche giorno prima insieme a Rouge. Nella città c'era un brulicare continuo di persone, tutti i negozi erano aperti e c'erano molte bancarelle e più avanti verso la piazza, le giostre per i bambini. Ayame e Edward stavano vicini l'uno all'altro per paura di perdersi in mezzo a tutta quella folla. I due passarono molto tempo alle bancarelle e nei negozi, anche se alla fine non comprarono nulla, Ayame era molto divertita della serata che stava trascorrendo, anche se Edward in realtà non amava molto girovagare nei mercati. Poi, in una strada che stavano percorrendo, Edward notò un cafè, così finalmente prese l'iniziativa, afferrò Ayame per una mano e la portò fino al locale tutto illuminato.
- Ma cosa fai? Perchè mi hai portato qui? Io stavo ancora guard... - Edward domandò: - Ti piace la cioccolata? - e Ayame arrossendo rispose: - Sì, certo... - 

Allora Edward la prese di nuovo per mano e la portò dentro. Si sedettero all'unico tavolo che era rimasto, Edward conosceva il luogo, c'era stato altre volte e ordinò due cioccolate fondenti con la panna. Dopodiché aspettarono al tavolo, senza che nessuno dei due dicesse nulla. Allora Ayame per iniziare una discussione con il ragazzo domandò: - Ci vieni spesso qui? - Edward si girò verso di lei e rispose:
- Beh, non molte volte, però lo trovo grazioso ed è anche economico... - la ragazza annuì, rimasta un po' delusa del suo tentativo, poi, mentre il cuore ancora le batteva forte e il calore del locale la avvolgeva, continuò: - Senti... fino ad ora siamo andati dove dicevo io e non mi pareva che ti piacessero molto le bancarelle e tutto il resto. - il ragazzo rimase stupito dell'affermazione: - Ora andiamo dove preferisci tu... dopotutto sei tu che mi hai invitata... - Edward non seppe cosa rispondere, poi affermò: - Va bene, hm... ci sarebbe un posto... - ma in quel momento arrivò il cameriere che portò una gigantesca tazza di cioccolata sormontata di panna con due cucchiaini.
- Ecco a voi, buon appetito e buon divertimento! - il cameriere se ne andò e Edward dopo aver guardato la gigantesca tazza che gli aveva piazzato davanti con disprezzo sbottò: - Io veramente avevo ordinato DUE tazze... non una formato EXTRA LARGE!

- Beh... è buona lo stesso no? - Edward la guardò imbarazzato e pensò: <Ma così la mangeremo insieme! è una cosa da fidanzati, non da amici... giuro che quel cameriere me la pa...> Ayame gli porse un cucchiaino di cioccolata davanti al naso per stuzzicarlo domandando: - Vuoi davvero dire che non ti piace?-
Edward fissò il boccone, era diventato tutto rosso e per rilassarsi fece finta di nulla e guardò dall'altra parte.
- Qualcosa non va? Davvero non ti piace? -  chiese Ayame con ingenuità disarmante, il ragazzo si girò appena appena e disse: - No... mi piace, certo. - si girò verso la cioccolata e iniziò a berla con il suo cucchiaino, Ayame un po' allibita mandò giù la cioccolata del suo cucchiaino e si avvicinò al ragazzo. Quando finirono, i due amici uscirono dal locale e Ayame affermò con un sorriso: - Grazie mille! Era buonissima! - Edward ancora imbarazzato sorrise all'amica, poi lei continuò: - Prima mi stavi parlando di quel posto in cui volevi andare, dov'è? - allora il ragazzo rispose: - Ah, si! Ora ricordo, è il mio posto speciale! É molto bello, vieni con me! - Edward fece strada. 

Portò Ayame fino al parco e disse: - A quest'ora di notte in teoria non si potrebbe entrare ma...- scavalcò il cancello e si voltò verso Ayame oltre l'inferiata alta un metro e sessanta: - Non preoccuparti! Vieni... stai attenta a non farti male - Ayame fece tranquillamente un piccolo salto oltre il cancello, il ragazzo la guardò capendo che il suo avvertimento era stato inutile e lei le fece un bel sorriso. Il ragazzo la accompagnò per tutto il parco fino a una zona dove c'era una piccola cascata artificiale che si tuffava in un piccolo laghetto circondato da salici piangenti completamente ricoperti di neve. Era un posto bellissimo anche d'inverno, molto rilassante e romantico.
- Ecco! Siamo arrivati... che ne pensi? - Ayame stupefatta rispose: - E' bellissimo! È  così calmo qui, è davvero fantastico! - Edward contento della reazione dell'amica, si sedette su una panchina lì vicino rivolta sul lago alla luce di un lampione. Ayame si sedette al suo fianco e rimasero a guardare il paesaggio per alcuni minuti in silenzio. Poi la ragazza infreddolita si avvicinò di poco a Edward e cercò di scaldarsi, almeno leggermente, sul suo braccio. L'amico si accorse solo dopo qualche minuto che Ayame gli era così vicina. Edward abbassò la testa per vedere se dormiva oppure no, aveva gli occhi chiusi, ma appena sentì lo sguardo del ragazzo così vicino a lei, li aprì e lo fissò imbarazzata.
- Ah, scusami io, non capivo... - esclamò Edward incuriosito, Ayame si staccò dal ragazzo e gli disse subito: - No no! Scusami tu! Mi sono appoggiata senza chiederti, è che avevo freddo e... -
Edward si tolse il cappotto, glielo mise sulle spalle e disse: - Tieni. Tanto io non ho freddo. - e le sorrise, Ayame arrossì, non era mai stato così gentile nei suoi confronti e pensò: < Non me lo aspettavo... com'è carino quando fa così... >
Poi Edward si alzò e si allontanò di pochi passi più avanti, la neve ricopriva tutto il paesaggio, il ragazzo si accucciò e prese un po' di neve. Ayame dalla panchina cercava di capire cosa stesse facendo il ragazzo, ma non riusciva a vedere, poi lui si girò e mostrandole un mucchietto di neve disse: - Ti va di giocare? - Ayame infreddolita rispose: - Ma io sto morendo di freddo e tu mi proponi di giocare a palle di neve?!? -
Edward sorridendo ancora disse divertito: - Ti ho dato il mio cappotto! Non dovresti più avere freddo! Dai non fare la difficile! - si alzò e si mise in posizione per lanciare la palla.
- Non provarci Edward! Non lo fare! - il ragazzo si mise a ridere e poi tirò la palla di neve sfiorando Ayame: - Ma dico sei IMPAZZITO? Che combini!?! -
< Lo immaginavo! Il suo essere dolce è già terminato...>  pensò Ayame e prese anche lei a sua volta un mucchietto di neve e la tirò a Edward, lo beccò in pieno viso. Lui contrattaccò e così iniziò una lunga battaglia a palle di neve. Poi quasi una mezz'ora dopo i due ragazzi stanchi si diedero tregua, si erano divertiti molto, erano completamente pieni di neve da capo a piedi ed erano soprattutto congelati.
- Ok, direi che possiamo tornare a casa... - disse Edward ansimando.
- Sì, direi anch'io... - rispose altrettanto la ragazza sedendosi sulla panchina.
- Ci siamo divertiti un sacco però! - disse Edward ridendo alla ragazza. Poi Ayame si alzò e si avvicinò a Edward e quasi senza farlo apposta si appoggiò sul suo petto. Era sfinita e aveva sonno, Edward la guardò ancora senza ben capire < Ma che fai? > si chiese e pensandolo come un gesto d'affetto l'abbracciò. Si sentiva bene, provava una sensazione di piacere ad abbracciarla, gli piaceva il suo profumo e il calore che sentiva attorno a se, rimasero per un po' in quella posizione, in mezzo alla neve abbracciati, Edward pensò mentre socchiudeva gli occhi e teneva il mento appoggiato sul capo della ragazza: < Com'è strano, mi sento felice, mi piace quello che sento... >
 Ayame quando si accorse della situazione, a parte arrossire(il che era ovvio), lo guardò e chiese con voce assonnata: - Che fai? - e lui staccandosi rispose: - Beh, io... sei tu che mi hai abbracciato. Dai ora andiamo - la prese per mano e uscirono dal parco. Avevano riattraversato tutta la città con le bancarelle e i negozi fino alla via innevata che li conduceva a casa di Edward.
< Mi sono divertita moltissimo... mi dispiace che ormai sia finita la serata, è stata la mia prima uscita con Edward, significa molto per me. Spero che almeno si sia divertito, anche se non ricambia i miei sentimenti. > pensò Ayame mentre con lo sguardo basso e assonnato scrutava passo dopo passo i movimenti di Edward al suo fianco. I due arrivarono fino davanti alla casa, poi improvvisamente Edward si fermò mentre fissava il vuoto ai suoi piedi. Ayame, che aveva proseguito di qualche passo, si girò e fissò il ragazzo con curiosità e domandò: - Che hai? Non ti senti bene? - lui la guardò e rispose: - Sto bene. -
Ayame non capì, poi lui continuò: - Sei strana sai? - la ragazza stupita rispose un po' divertita: - Eh? Ma che dici? Perchè io sono strana? Sei tu quello che si comporta in modo strano. - ma lui era molto serio.
- Hai qualcosa di strano, sei diversa, sei stata dolce con me stasera, mi sono divertito molto in tua compagnia. Forse non mi sono mai divertito così tanto con una ragazza, sai... vorrei tanto che questa serata non fosse finita e non chiedermi il perché. - pronunciò volgendo lo sguardo al cielo. La ragazza aveva gli occhi fissi e sbalorditi su di lui. I suoi pensieri erano gli stessi.
- Non lo so, mi hai fatto divertire e nonostante un po' di imbarazzo mi sono sentito a mio agio. Mi sono accorto che non sei come tutte le altre ragazze che ho sempre frequentato, tu... sei diversa, sei più ingenua e combattiva allo stesso tempo. - continuò mentre si sistemava le maniche della maglia.
–    Per di più mi hai fatto dimenticare Rouge e Ryoma. - aggiunse poi con un sorriso rivolto alla ragazza.
Ayame non rispose e abbassò lo sguardo mentre teneva gli occhi sbarrati verso la neve e il cuore batteva forte nel petto, quasi avesse voluto buttarsi in tutta quella neve ghiacciata.
- Mi sorge una domanda, ci ho pensato  a lungo sai... a tutti i tuoi comportamenti e non solo di questa sera, in generale. Forse sono stato uno stupido, cieco o forse la verità è che non ti ho mai considerata molto e di questo mi dispiace molto. Non capisco il perché, ma è come se ti vedessi per la prima volta e in questo momento ti trovo molto graziosa. - Ayame arrossì e si agitò portando una mano al petto e un'altra sul viso per scostarsi i capelli corvini. Non aveva mai ricevuto un complimento da Edward.
Edward si avvicinò a lei piano e le prese la manica del grosso cappotto blu che le aveva prestato, poi le afferrò delicatamente le spalle, avvicinò il viso al suo capo e cercò di strapparle uno sguardo mentre lei tentava di nascondersi con la mano. < Cosa diavolo sta succedendo? Da quando se n'è accorto? Cosa faccio adesso... non riesco più a parlare... cosa devo dirgli? >
–    Tu provi qualcosa per me? - Ayame spalancò gli occhi e cercò di liberarsi dal ragazzo che però la strinse piano, in modo che non potesse scappare e le chiese: - Perchè fai così? Hai paura di me? Non voglio mica farti male stupida! Ti ho solo fatto una domanda... stai tranquilla. - così dicendo le accarezzò piano la testa mentre la stringeva a sé. Ayame non riusciva a dire una parola mentre con gli occhi semichiusi e il respiro veloce cercava di nascondere ancora una volta il viso sul petto del ragazzo, era agitata e confusa, non sapeva cosa pensare, quella domanda che non pensava gli avrebbe mai posto la disarmava più di qualsiasi altra cosa. Non si aspettava quella reazione da Edward, tutto quell'affetto da parte del ragazzo che non l'aveva mai sfiorata se non per amicizia, l'aveva terrorizzata, ma era lì e non sapeva se il suo cuore battesse più per la paura o per felicità. Era gelida, così il ragazzo cercò di scaldarla e mentre la stringeva chiese: - Cosa mi rispondi Ayame? - lei prese coraggio, alzò lo sguardo dal suo petto e lo guardò tutta rossa, ma non disse nulla.
- Perchè non mi dici nulla? Forse il mio ragionamento è sbagliato? Ho frainteso? -  chiese Edward.
Ayame continuò nel suo silenzio, era rigidissima. Allora Edward avvicinò di poco il suo viso a quello della ragazza e sorrise, appoggiò la sua fronte a quella di Ayame poi disse: - Lo prendo come un sì il tuo silenzio? - lei chiuse gli occhi ancora più spaventata dalla seconda domanda del ragazzo e a quel punto Edward avvicinò ancora un po', la strinse ancora e vedendo che la ragazza non lo respingeva, la baciò. Dopo non si dissero più nulla, entrarono piano in casa e quella notte tutti e due si accorsero che le power stone possono realmante far realizzare i desideri, però loro non potevano ancora tranquillizzarsi, perchè purtroppo c'era ancora un ultimo nemico da sconfiggere prima di pensare solo all'amore.


PowerStoneFanAdmin.




Ecco una nuova FanFiction di Power Stone da una grande scrittrice, artista e fan Halley Silver Comet!
Vi consiglio caldamente di leggere questa bellissima FanFiction e commentare!
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Buona lettura!
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Ancora qualche piccolo accorgimento e la sua esibizione sarebbe stata perfetta.
Ayame sperava che funzionasse, non aveva mai tentato nulla di così ambizioso e nemmeno di così complesso: combinare insieme i fiori di ciliegio e le fontane d’acqua, le sue due specialità d’esibizione, avrebbe potuto dare al suo spettacolo quella carica di innovazione che cercava da tanto tempo. D’altra parte, viaggiando di continuo da una terra all’altra, ogni tanto il repertorio andava aggiornato, soprattutto quando si tornava per la decima volta nello stesso posto.
Il nonno della fanciulla, fedelissimo allo spettacolo originale, non aveva subito accolto molto bene la proposta, ma per fortuna suo fratello Kikuno l’aveva appoggiata, aiutandola infine a spuntarla.
La ragazza terminò la piroetta e richiuse i due ventagli che stava muovendo con grazia, arrestando i getti dell’acqua. Nel frattempo, gli ultimi petali di fiori di ciliegio stavano planando dolcemente in terra. Aprì la mano e lasciò che qualcuno si posasse sul suo palmo aperto.
Avrebbe voluto che chiunque avesse avuto occasione di vedere il suo nuovo spettacolo non se ne pentisse; si era così impegnata per la piena riuscita del tutto...
Lanciò in aria quei pochi petali rosati che aveva preso e rimase a guardarli, incantata, mentre riprendevano la loro discesa verso il pavimento.
Anche a
lui piaceva molto il numero con i fiori di ciliegio.
Anzi, ad essere onesti, c’erano solo due momenti del suo spettacolo, nel quale Ayame era certa che un certo giovane aviatore la guardasse con decisa ammirazione: quando suonava sotto quella cascata floreale e quando si esibiva con le sue fontane d’acqua danzante.
Erano quelli gli attimi in cui si sentiva bella, si dimenticava di avere solo sedici anni -a dirla tutta quasi diciassette- e faceva finta di non essere solamente la più piccola di una compagnia di artisti girovaghi, seppur abili ninja. La sua presenza la intimidiva e imbarazzava, ma nello stesso momento la spronava a dare il massimo.
La fanciulla cominciò a rimettere a posto l’attrezzatura di scena superflua, riordinandola per lo spettacolo dell’indomani.
Ormai, era trascorso quasi un anno da quando le sette Power Stone erano state riunite e di nuovo liberate, la Light Stone aveva sconfitto Valgas e la pace era tornata in tutte le terre del mondo. Quella bizzarra ma entusiasmante avventura aveva concesso ad Ayame l’occasione di conoscere tante persone, di stringere tante amicizie e, soprattutto, di conoscere la persona che era diventata, poco a poco, la sua croce e la sua delizia: Edward Falcon.
Oh... Oh, no! L’aveva nominato! Le guance della fanciulla si imporporarono all’istante, come accadeva puntualmente quando rompeva il tabù di non nominare Falcon, poiché sapeva molto bene quanto la sola idea di lui riuscisse a monopolizzarle la mente per ore e ore. Chissà dove si trovava in quel momento...
Ma perché non poteva far a meno di pensarlo diverse volte al giorno e di chiedersi dove fosse o cosa stesse facendo?
Ayame sapeva per certo che il giovane aveva intrapreso un nuovo viaggio, con lo scopo di migliorare nella lotta -sport nel quale per altro eccelleva-, di conoscere cose nuove, di affrontare avventure ogni giorno diverse.
Talvolta, capitava che i due giovani si rincontrassero, nel corso dei rispettivi vagabondaggi in lungo e in largo e, in quelle occasioni, Falcon non aveva mai rifiutato un invito di lei ad uno degli spettacoli che metteva in scena, viceversa, la ragazza si era prestata volentieri ad andarlo ad assistere ai suoi incontri di pugilato.
Era andata a vederlo tante volte: soffriva ogni qualvolta gli tirassero un gancio ben assestato e gioiva quando riusciva a mettere a tappeto l’avversario. E dopo averlo aspettato sul retro, gli saltava in braccio per congratularsi, come una bambina piccola. Poiché era questo che si sentiva, nel momento in cui Falcon ricambiava il suo abbraccio: il peso di quei cinque anni che li dividevano, che facevano di lui un uomo e di lei una ragazzina, precipitava sulla povera artista come una pioggia di enormi e pesanti macigni.
Si fermò, lasciando che le braccia con le quali stava sorreggendo le clavette le ricadessero lungo i fianchi. Quegli sciocchi che dicevano che a sedici anni non si potesse soffrire per amore, evidentemente, non dovevano mai stati innamorati in vita loro. La ragazza, all’inizio della vicenda, aveva creduto di essersi presa una semplice cotta adolescenziale per quell’aitante e prestante giovane, tuttavia, con il tempo, si era resa conto che il sentimento che provava per lui non solo si era evoluto ma addirittura rafforzato. E di questo Falcon non se ne era mai accorto, come aveva dato sempre per scontato il fatto che anche Ayame avesse ottenuto e governato con maestria una Power Stone, nonostante la giovane età. Già, troppo impegnato a lasciare che tra i suoi pensieri veleggiasse la bella, affascinante e potente indovina, mentre a lei sarebbe toccato per sempre il ruolo dell’insignificante e puerile mocciosa.
Eppure, nonostante tutto, la fanciulla non riusciva assolutamente ad avercela con Rouge. Da una parte, perché sapeva che ella non ricambiava l’interesse di Falcon nemmeno in scala uno a cinquemila, dall’altra, perché la sentiva affine, in quanto l’indovina era perdutamente innamorata del samurai Ryoma, benché per loro non sembrasse esserci un futuro.
E dire che la leggenda raccontava che chiunque avesse avuto per sé una Power Stone avrebbe visto i suoi desideri divenire realtà! Ah, ora che aveva vissuto l’esperienza di persona, poteva affermare con certezza di non aver mai sentito sciocchezza più grande di quella!
Ayame scosse la testa e scacciò dalla mente i cattivi pensieri. Pensare agli amori non corrisposti, suo e altrui, non avrebbe di certo giovato alla buona riuscita del suo spettacolo.
Lavorò di buona lena per un’altra mezz’ora, cercando disperatamente di tenere il biondo aviatore lontano dai suoi pensieri -cosa molto difficile, dato che il suo cervello aveva deciso di remarle contro, riproponendole fotogramma per fotogramma i ricordi del suo salvataggio nella Terra delle Aquile Maestose da parte di un vigoroso Falcon- e impegnandosi affinché il palco potesse essere più sgombro possibile. Ora che ci pensava non aveva ancora avuto modo di discutere con suo padre e con Kikuno della nuova scenografia. Oh, be’, l’avrebbe fatto durante la cena, in fondo davanti ad una buon piatto di zuppa di pesce, nemmeno suo nonno avrebbe potuto dirle di no. Nessuno avrebbe resistito a lungo davanti ad un piatto succulento, il potere del cibo -altro che Power Stone!- le si era svelato dopo aver visto gli effetti che sortivano i manicaretti di Wang-tang. E chissà che non dovesse ricorrere proprio ad una bella leccornia del bravissimo cuoco, per aiutarsi a conquistare il cuore di...
«Salve, Ayame, hai bisogno di aiuto?»
La fanciulla si voltò di scatto, lasciando cadere malamente la scatola con le coccarde che stava trasportando dietro le quinte, e avrebbe certamente gridato, se non avesse avuto la prontezza di tapparsi la bocca con le mani.
«F-Falcon?» balbettò sorpresa, togliendosi subito le dita dalle labbra e cercando di ridarsi un contegno.
«In carne ed ossa.» rispose il ragazzo avanzando dal fondo del tendone in direzione del palco. «Passavo di qui e sono venuto a curiosare. Quanti pacchi... Siete in partenza?»
«No, no, no.» negò Ayame, scuotendo nervosamente la testa ma cercando di convincersi a rimanere tranquilla. «Stiamo mettendo su uno spettacolo nuovo.»
«Ah, davvero?» si informò Falcon, incuriosito. «Apollo ed io siamo appena giunti qui dalla Terra dell’Oro.»
«Oh... Vedo che il vostro viaggio sta proseguendo come programmato.» si riprese la ragazza, simulando una tranquillità che non era stata mai così lontana dal possedere. «Come sta il caro Apollo?»
«Fin troppo bene. Sta tentando in tutti i modi di rendersi utile, nonostante l’abbia pregato più di una volta di tornare a casa.»
«Tiene molto a te e alla tua salute. Dovresti essere contento di avere una persona come lui al tuo seguito.» gli rispose Ayame chinandosi per rimettere le coccarde nella scatola. Per fortuna, stava riprendendo a regolarmente a respirare.
«Sì, sì... Ma a volte è troppo opprimente!» si lamentò il giovane aviatore, alzando gli occhi al cielo.
La ragazza rise, avvertendo che ciò aveva contribuito a scioglierla un poco e a farle riprendere il controllo; riprese in mano la scatola e si tirò su.
Falcon si guardò intorno, indugiando sul cumulo di casse vicino alla giovane artista.
«Sicura di non volere una mano?»
«Oh, no, non preoccuparti. Ce la faccio da sola.»
«Ma una fanciulla non dovrebbe fare questi lavori.» avanzò egli, con ostentata cavalleria. «Potresti farti male,
cara la mia Ayame.»
«Ah, smettila di richiamare la iella e di innervosirmi!» replicò, stizzita, costei. Perché aveva quel “cara” le aveva fatto perdere un battito e la concentrazione? Perché?
«E dai! Ti ho solo offerto il mio aiuto!» protestò il giovane, alzando le spalle con aria innocente.
«Non ne ho bisogno, grazie! Trasporto pesi e sistemo la scena da quando avevo tre anni e non mi è mai accaduto niente! E poi devo essere certa che tutto sia al posto giusto. Domani lo spettacolo dovrà essere strabil...»
E invece, proprio in quel momento, Ayame incespicò in una piega della stuoia che copriva il pavimento -guarda caso l’unica presente in venti metri di stoffa- e cadde dal palco con ancora in mano la ben nota scatola di coccarde, finendo dritta dritta tra le braccia -tutt’altro che deboli o rammollite- di Falcon, il quale sembrava che si fosse piazzato lì sotto apposta.
«Ed è così che vuoi strabiliare il tuo pubblico?» la canzonò il ragazzo, ridendo di cuore. «Precipitando in maniera maldestra sui poveri e ignari spettatori della platea?»
Come diavolo aveva fatto a percorrere cinque file di poltrone in meno di tre secondi, come se avesse ancora a disposizione la sua Power Stone per la metamorfosi? Impossibile! L’unica spiegazione plausibile era la seguente: quell’idiota doveva aver previsto che sarebbe caduta e quindi aveva giocato d’anticipo per afferrarla al volo e deriderla fino alla nausea.
«Mettimi a terra, immediatamente! Te lo ordino, Falcon!» strillò Ayame, mentre avvertiva dentro di sé il sangue ribollire per la rabbia e il nervosismo -oltre che per la vergogna-.
«Va bene, va bene! Ti accontento, ma smettila di urlare!» disse il giovane, posandola delicatamente in piedi sul pavimento. «Dovresti ringraziarmi, piuttosto. Ti ho impedito di sfracellarti al suolo.»
«Se non mi avessi distratta, non sarei caduta!» ribatté con foga la fanciulla, sperando che Falcon scambiasse il rossore che le devastava le guance per agitazione da spavento e non da imbarazzo.
Si soffermò a guardarlo sottecchi. Quanto era... Arrogante! Sì, era un tipo terribilmente arrogante, sempre a voler pretendere di aver ragione! In più, ora che ci pensava, avrebbe anche potuto definirlo uno sbruffone, considerando il tono sostenuto con il quale le si rivolgeva, e non era nemmeno così carino, a dirla tutta... Oh, no. Figurarsi se Falcon era carino! In effetti, era più che altro... Bello e affascinante. Ayame si pentì immediatamente di quel pensiero, che le costò la terza vampata sul volto in meno di quindici minuti.
«Posso almeno aiutarti a rimettere queste coccarde nella scatola?» domandò il giovane, raccogliendone un paio color lavanda.
«Fa’ come vuoi!» gli rispose, dandogli le spalle, mentre una parte della sua testa gridava rabbiosa “No! Va’ via, brutto idiota!” e l’altra -con estrema coerenza- rispondeva svenevolmente con “Oh sì, Falcon, rimani qui con me!”. Fantastico, ora doveva ringraziare Edward Falcon anche per averla fatta diventare schizofrenica!
«Domani sarà ci sarà il pienone. Spero davvero di trovare un buon posto.» commentò il ragazzo, riponendo i fiocchi al loro posto e misurando con lo sguardo la capacità della platea.
«Vuoi dire che verrai a vederm... Ci?» soffiò la ragazza, speranzosa, facendo tremare la scatola, mentre la stava mettendo via.
«Be’, qualcuno deve pur assicurarsi che il pubblico sia tutelato dagli artisti maldestri.» notò egli con un ghigno ben disegnato.
«Non fai ridere. Hai una vena comica che fa pena.» fece Ayame, acida, incrociando le braccia e facendogli la linguaccia, anche se il suo cuoricino batteva contento: se non altro Falcon sarebbe tornato anche l’indomani e avrebbe visto la sua esibizione floreale preparata con tanta cura. Camelie, rose, mughetti, fiori di ciliegio, viole...
«Ahhh!» esclamò all’improvviso la fanciulla, sobbalzando sul posto.
«Che c’è?» le domandò Falcon, leggermente allarmato.
«Mi sono dimenticata di andare a comprare le viole! Sono fondamentali per la scenografia!»
«E dov’è il problema? Possiamo andarci adesso.»
«Mi accompagneresti?» fece ella, sorpresa ed incredula.
«Non te l’ho forse appena offerto?» ribadì il biondo aviatore, con irritata fermezza. «Se dico ti propongo una cosa è perché ne sono convinto.»
Ayame non rispose subito. Falcon aveva un forte senso della giustizia e della parola data, lo sapeva molto bene. Viaggiando con lui per tutti quei mesi aveva imparato a conoscerlo e a capirlo. Stava per dirgli grazie, quando si rese conto di ciò che stava per fare: uscire con lui. Poco importava che fosse solo per andare a comprare qualche fiorellino per lo spettacolo, sempre con Falcon sarebbe andata. Tutto d’un tratto, l’aria si fece stranamente calda e irrespirabile.
«Allora?»
«Oh, se proprio ci tieni... Credo che tu possa venire con me.» gli concesse, con un tono che sarebbe stato perfetto per un pezzo di ghiaccio.
Certo, un pezzo di ghiaccio al cui interno scorrevano fiumi di lava fusa.

Per fortuna, nonostante fosse piuttosto tardi, trovarono almeno un vivaio ancora aperto ed Ayame riuscì a comprare i vasetti di viole che le occorrevano. Le dinamiche degli acquisti furono piuttosto rapide, dato che il propietario del negozio aveva fretta di chiudere e poca voglia di vendere.
Nel ritornare verso la tenda, decisero di fermarsi per qualche minuto all’ombra di una quercia, per godere della fresca brezza crepuscolare ed osservare il sole estivo sparire dietro ad alcune montagne sullo sfondo.
«Ah, quanto sono stanca!» esclamò la fanciulla, buttandosi sull’erba. «Questo spettacolo sta prosciugando tutte le mie energie, ma deve riuscire benissimo, costi quel che costi.»
«Si vede che ci tieni particolarmente.» commentò Falcon, appoggiando i vasetti davanti a loro e prendendo posto accanto ad Ayame.
«Questa volta è un’idea completamente mia.» gli spiegò. «Penso sia normale che ci tenga.»
«Che ne diresti se mi esibissi anch’io nel vostro spettacolo?» le propose, di punto in bianco, non lasciandole capire se fosse serio oppure no.
«Questo vuol dire che finalmente, Falcon, hai trovato il tuo talento nascosto?» ribatté ella, scettica, inarcando un sopracciglio.
«Non mi credi? Sta’ a guardare.»
E con un abile mossa, in quattro e quattr’otto, fece spuntare nella propria mano un iris che porse alla ragazza.
«Come vedi, cara Ayame, non sei l’unica a saper fare giochetti con i fiori.» si vantò Falcon, dandosi le arie. «Scommetto che non hai visto quando ho comprato e nascosto quest’iris, sebbene l’abbia fatto proprio sotto il tuo naso.»
«Ammettendo che sia così, e così non è, dunque il tuo talento nascosto è il pollice verde? Allora dovresti abbandonare il pugilato e darti al giardinaggio.»
«Tu sì che hai un particolare talento nello smontare la gente.» le rispose egli, con evidente e amaro sarcasmo.
«Almeno io ne ho uno.»
L’aviatore fece una smorfia tra l’offeso e il punto sul vivo: evidentemente non gli erano ancora andate giù le prese in giro che gli avevano inferto i compagni dopo aver vantato il suo talento di comico provetto, rivelandosi invece un pessimo narratore di barzellette.
«Antipatica.»
«Scherzavo! So quanto sia importante per te il pugilato, fin da quando eri un bambino.»
«Esatto. Nonostante Valgas si sia rivelato non proprio quello che credevo, non ho mai pensato di abbandonarlo.»
«È stata la prima cosa che mi ha chiesto Gunrock l’altro giorno, a proposito di te: era ansioso di sapere come te la stai cavando nella lotta. Secondo lui sarebbe stato un peccato se avessi rinunciato.» gli disse Ayame, pensierosa.
«Lo hai visto?» domandò Falcon, mettendosi in una posizione più comoda.
«Sì, è venuto con Cassie e i loro bambini a vedere il nostro spettacolo.»
«Ma davvero? E come stanno?»
«Molto bene, Cassie sembra molto contenta con la sua famiglia. Gunrock si è dimostrato il marito ideale per lei!» commentò la ragazza, soffermando la sua attenzione sui petali freschi ed intensamente colorati delle viole.
«Mi fa piacere che Cassie sia felice e che si sia dimenticata di me. Era troppo appiccicosa e melensa.»
«Ah, già, è vero a te piacciono solo le donne dal fascino maturo. Come Rouge...» la fanciulla tacque immediatamente: non voleva parlar male dell’amica. Ma la gelosia le stava facendo dire cose che non avrebbe mai voluto: le era semplicemente scappato. Rimase zitta, cercando di scorgere sul volto di Falcon i segni della sua reazione. Ma costui rimase impassibile.
«Ho lasciato perdere Rouge mesi fa. Ora ha molte responsabilità come nuova indovina della Terra del Fuoco, ma è soddisfatta di ciò che fa, in più è tornata a lavorare con la sua maestra Gana.» dichiarò, dopo qualche secondo.
«Sei... Sei andato a trovarle?»
«Sarebbe abbastanza impreciso. Come sai ho ripreso a viaggiare e sono tornato anche nella Terra del Fuoco: ci siamo incontrati per puro caso. Nella sua sfera ha letto che dovrà aspettare ancora molto prima che Ryoma torni da lei. E ha voluto sbirciare anche nel mio futuro: ha detto che per me ci sono in programma ancora tanti luoghi da visitare e avversari da battere. Invece, il tempo per il vero amore è ancora distante, tuttavia pare certo che io abbia già conosciuto la mia futura moglie. Sentenza molto sibillina. Da vera indovina, aggiungerei.» spiegò il ragazzo, dimostrandosi generoso nel raccontare i particolari.
«Mica tanto. Magari vuol dire semplicemente che sei innamorato di una ragazza attualmente impegnata.» insistette Ayame, fingendosi distaccata ma in realtà intimamente corrosa dalla gelosia.
«Non credo proprio.» disse egli, pigramente, distendendosi sul prato ad occhi chiusi. La brezza soffiò più forte e scarmigliò i capelli di entrambi. L’artista si tolse una ciocca molesta che le copriva il viso e, decisa a saperne di più, lo mise alle strette: «Oh, su, non farti pregare come tuo solito. Perché non vuoi dirmelo? Avanti, Falcon, c’è qualcun’altra che ti piace?»
«Mmm... Forse.»
Forse. Non era una risposta precisa, avrebbe potuto significare un sì, avrebbe potuto significare un no. Uffa, dacché si era dimostrato propenso a parlare ora si era fatto così misterioso! Che personalità altamente instabile!
La fanciulla abbassò lo sguardo, stringendo le dita intorno al fiore. Quanto le sarebbe piaciuto sapere di chi si fosse innamorato questa volta Falcon -preferibilmente senza doversi corrodere il fegato-, cercando di strappargli altre informazioni in merito; certamente doveva essere una donna di grande bellezza e fascino, non c’era dubbio...
E, all’improvviso, una strana sensazione di calore si irradiò a partire dalla guancia per arrivare fino al suo cuoricino. Ci mise un po’ per elaborare e quando si voltò verso il ragazzo, che le stava sorridendo tra il dolce e il sornione, non ebbe più dubbi: le aveva appena dato un bacio.
La giovane si sentì avvampare da capo a piedi: doveva essere -accidentaccio a lui!- diventata dello stesso colore di un gambero arrostito. E non era forse quella una dichiarazione aperta dei suoi sentimenti per quel giovane? Le aveva estorto la verità con un’abilissima serie di trucchetti! Chissà per cosa poi. Anzi, Ayame lo sapeva benissimo: per farsi quattro risate alle spalle di una ragazzina innamorata.
«Falcon, sei proprio un brutto maleducato! Non si fanno queste cose ad una signorina senza chiedere il permesso!»
«Cosa? Il permesso?» chiese egli, sbigottito. «Solo per un...»
«Sì, il permesso!» lo rimbeccò aspramente la fanciulla, fermandolo prima che egli potesse dire la parola
bacio
.
«Non era mia intenzione offenderti...» le disse piano: si vedeva molto chiaramente che si trovava parecchio in difficoltà. Dopo questo, il biondo aviatore non parlò più, restandosene fermo e composto, seppur a testa china. Ayame, nel vederlo, si pentì un po’ per il suo scatto: era, sì, riuscita a far ammutolire Edward Falcon, ma non l’aveva fatto né con grazia, né con piena ragione. Quindi non è che ci fosse poi molto di cui vantarsi.
«Perché mi hai dato un bacio?» trovò il coraggio di chiedergli, augurandosi che le rispondesse e che non la trattasse male, anche se non avrebbe potuto biasimarlo, contando il modo poco ortodosso con il quale lo aveva apostrofato.
Eppure, quando egli alzò il capo, l’espressione dipinta sul suo volto la tranquillizzò subito, facendole capire che non l’avrebbe rimproverata. La guardò solamente per qualche istante, poi sospirò.
«Per il medesimo motivo per il quale vengo a vederti durante i tuoi spettacoli. E potrebbe essere anche lo stesso per cui tu vieni a vedere me.»
La piccola artista sussultò: Falcon sapeva, l’aveva capito. Ma, a conti fatti, anche uno stolto se ne sarebbe accorto poiché non aveva fatto nulla per nascondergli i sentimenti che provava per lui.
«Ma adesso è ancora presto per approfondire. Te lo spiegherò quando sarai cresciuta un altro po’, Ayame.»
Non l’aveva detto con intenti offensivi o di ludibrio, ma ella provò lo stesso una piccola fitta di dolore: la considerava ancora una mocciosa.
La ragazza gli prese delicatamente un braccio, gli sfilò il guantone di cuoio e si portò la mano di lui, asciutta e calda, contro la propria guancia. Il giovane la scrutò, stranito e confuso.
«Che... Che significa questo?»
«Te lo spiegherò quando non giocherai più agli indovinelli come un bambino, Falcon.» gli rispose con simulata altezzosità, lasciandolo immediatamente -seppur a malincuore-. «Ti intrattieni con Rouge con la scusa delle profezie, pensi ad un’altra ragazza, già impegnata per giunta, e poi mi baci. Si può sapere cosa vuoi?»
Il giovane fece per rimettersi il guanto ma poi cambiò idea: si sporse verso di lei e le alzò il viso con due dita della mano non coperta.
«Vuoi sapere davvero cosa voglio? Allora non te ne farò più mistero: vorrei poter sposare te.»
Ayame avvampò violentemente -salendo a sei volte in meno di un’ora-, mentre quelle poche ultime parole pronunciate con tanta decisione le rimbombavano in testa. Perché Falcon doveva essersi fatto deciso proprio in quell’occasione?
«Anche se non subito.» si affrettò ad aggiungere, alquanto in difficoltà, forse perché aveva preso coscienza di quanto espresso a voce alta. «Ecco... È già da un po’ che ho inteso di volerti bene, solo che non sapevo come farlo capire a te. Non avrei voluto arrivare ad essere così diretto, ma non mi hai lasciato altra scelta. Ayame, sei tu la ragazza che devo aspettare.»
Fece una piccola pausa e, approfittando del fatto che la giovane non riusciusse a spiccicar parola, completò: «E comunque, se vogliamo dirla tutta, in un certo senso anche tu dovrai aspettarmi: ci sono ancora tanti viaggi e tante avventure che mi attendono. Inoltre sono un lottatore che si sta formando: vorrei avere il modo di fronteggiare gli avversari più forti di ogni terra.»
La fanciulla rimase muta. La misteriosa ragazza amata dal suo aviatore preferito era proprio lei. Se Rouge in persona le avesse predetto che Falcon -quello stesso Falcon che le piaceva tanto e che non la considerava neppure un essere di genere femminile- le avesse detto quelle cose, non ci avrebbe mai creduto.
«Ovviamente si deve tenere conto della cosa più importante, ovvero che anche tu mi voglia...» borbottò poi all’improvviso il ragazzo, al mo’ di conclusione, arrossendo discretamente.
Ayame non poté impedirsi di pensare che fosse anche giusto che toccasse a lui, per una volta, diventare scarlatto.
Si fissarono a lungo, senza proferire mezza parola, poi con una lentezza esasperante la fanciulla annuì.
«Vuoi... Vuoi dire sì?» esalò egli, incredulo.
«Se uno annuisce, Falcon, di solito è per dire sì.» fece, imbarazzata, voltandosi dall’altra parte. «Anch’io ti voglio bene da tanto tempo, ma tu non te ne sei mai accorto. Cos’è, dopo il rifiuto di Rouge, hai deciso di ripiegare su di me?»
Be’, non era stata esattamente il ritratto della dolcezza. Cos’è che fanno di solito le ragazze quando ricevono una dichiarazione dal ragazzo dei loro sogni? Ah, sì, piangono a dirotto e cominciano a singhiozzare stupide frasi senza senso. Magari Falcon si era aspettato che anche lei facesse una cosa del genere... O peggio, magari stava mentamente rimpiangendo di non aver chiesto alla stucchevole Cassie-Amore-Tesoro di sposarlo quando ne aveva avuto l’occasione.
«Tu non sei assolutamente un ripiego, Ayame.» le rispose dolcemente il giovane. «Io tengo seriamente a te, è solo che ci ho messo un po’ ad accettarlo. Temo che abbia giocato a nostro sfavore anche la differenza di età.»
A quanto pareva, il biondo aviatore aveva deciso proprio di stupirla, continuando a fare il contrario di quanto immaginato da lei. Prima che il suo cervello potesse elaborare una frase, le sue labbra, mosse da volontà propria, avevano già detto la loro: «E cosa è cambiato ora tra di noi, Falcon?»
«Semplicemente, il mio modo di vedere le cose. Non è impossibile stare insieme, dobbiamo solo aspettare.»
Calò un silenzio di tensione. Sì, doveva ammettere che Falcon aveva piena ragione. Restava il fatto che ad Ayame, che si era data già per sconfitta, che aveva creduto di essere un’ennesima vittima degli amori a senso unico, sembrava troppo bello per essere vero.
«Prima non volevo metterti in imbarazzo, scusami.» le sussurrò improvvisamente il giovane, mettendosi in piedi e guardando il tronco della quercia. «Ma penso che sia giusto che sappia che, ecco, sì, insomma... Tu... Tu mi piaci, Ayame.»
Una nuova vampata di calore la investì, ma ella non ci badò: oramai aveva perso il conto e, in tutta sincerità, allo stato attuale non è che le importasse più di tanto, considerando che sia lei che Falcon viravano alle stesse gradazioni di rosso. Però, nonostante il forte impaccio, doveva comunque trovare il coraggio di dirgli qualcosa.
«E-Edward?» sussurrò la ragazza, alzandosi a sua volta: era la prima volta che lo chiamava per nome.
«Sì?» le rispose, voltandosi. Ayame gli fece un grazioso inchino degno del più caloroso applauso di un pubblico pienamente soddisfatto.
«Grazie per l’iris.»
Un velo di stupore coprì l’espressione di Falcon, ma ben presto si dissolse per lasciare posto ad un barlume di serenità.
«Be’, non è il significato del tuo nome? Ho pensato che fosse un dono molto appropriato.»
La ragazza incurvò le labbra e si appuntò il fiore tra i capelli: «Come sto?»
«M-Molto bene.» le rispose Falcon, il cui viso era ormai in tinta con la propria tuta, cercando di nascondere l’imbarazzo chinandosi a raccogliere i vasetti con i fiori. «Ti aiuto a portare queste viole fino alla tenda. Posso concederti il mio aiuto o rischio un sonoro rimprovero?»
Ayame gli fu vicino in un istante e si strinse al braccio del giovane, guardandolo intensamente.
«Sei un pugile, no? Vediamo se hai il fegato di rischiare anche questo!»
Il giovane inarcò un sopracciglio ma la fanciulla gli rispose con un dolce sorriso: aveva scoperto cosa provava per lei Falcon, la ricambiava pienamente, e come se non bastasse le aveva regalato un iris, il quale significava anche promessa di speranza e annuncio di buona novella. E Ayame avrebbe atteso quel giorno in un futuro che ora sapeva non troppo lontano.
«Su, ora andiamo, altrimenti rischiamo di fare tardi!» lo esortò con un’allegria contagiosa, trascinandolo via.
Si dice che possiede una Power Stone ha il potere di far sì che i desideri diventino realtà.
Ma potrebbe esserci l’eventualità che chi non ne abbia una oppure l’abbia perduta, da solo, riesca a fare persino di
meglio.


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"La fine della siccità" versione alternativa dell'episodio 14 della serie animata Power Stone trasmessa in Italia il lunedì 26 luglio 2004.
Autrice: Cat-81

Il sole batteva forte nella regione della luna e i campi erano secchi.

Erano ormai tre giorni che non cadeva una goccia di pioggia e i nostri eroi non sapevano che fare, Kraken il terribile capo dei pirati aveva rubato la power stone di Ayame e grazie a quella teneva in scacco il regno.

- Dobbiamo fare qualcosa o qui ci rimaniamo secchi - disse Edward respirando affannosamente

- Già, ma cosa? - disse Ryoma

Un gruppo di donne si avvicinarono al gruppo e rivolgendosi a Rouge la più autoritaria disse - Io sono la rappresentante del villaggio, sono stata mandata per chiedere consiglio a voi -

Un'altra aggiunse - Ci è stato riferito che voi siete un eccellente indovina -

- Rouge è la migliore sulla piazza! - disse Ryoma.

- Ma che dici Ryoma!- disse Rouge imbarazzata.

- Vi preghiamo di aiutarci! - dissero le donne in coro.

- Va bene, vedrò cosa posso fare... - disse Rouge prendendo la sua power stone, la osservo per un po’ nel più totale silenzio, poi disse - La salvezza giungerà da una ragazza capace di padroneggiare l’acqua. -

- Vi ringrazio a nome di tutti. - disse la donna che per prima gli aveva rivolto la parola

- Ma, io non ho fatto niente! - disse Rouge.

- No, avete fatto molto! Ci avete dato la speranza! - rispose la donna.

- Non c'è di chè! - disse Rouge sorridendo.

Poco distante Ayame seduta ai piedi di un albero sospirava pensierosa.

Edward vedendola così triste decise di andarle a parlare.

- Perché te ne stai da sola? - chiese Edwad sedendosi vicino a lei.

- Non sono affari tuoi. - rispose Ayame spostandosi un poco.

- E dai! Non fare l’acida! - disse Edward avvicinandosi di nuovo alla ragazza.

- E tu smettila di rompere le scatole! - rispose lei alzandosi.

- So benissimo come ti senti... - disse Edward alzandosi a sua volta

- Non credo proprio! - disse Ayame in lacrime.

- Dai non piangere... - continuò Edward accarezzandole la testa.

- Smettila di trattarmi come una bambina stupida! - gridò Ayame schiaffeggiandolo. Edward si toccò la guancia rossa non capendo cosa potesse aver scatenato quella reazione.

- Come ti permetti di dire una cosa simile. Tu non sai niente di me e pure credi di potermi capire, sei uno stupido zuccone! - disse Ayame fuggendo via.

- Aspetta! - urlò Edward cercando di raggiungerla.

- Non seguirla. - disse una voce dietro di lui

- Chi a parlato? - chiese Edwaed mettendosi in guardia.

- Non ti scaldare, sono solo io. - disse Kikuno.

- Perché non dovrei seguirla? - chiese Edward.

- Se provassi a parlarle adesso rischieresti solo di beccarti un altro schiaffo, è meglio lasciarla sola per un po’ in modo che sbollisca la rabbia. - rispose Kikuno.

- Si, forse hai ragione... - rispose Edward

Più tardi al castello del re delle terre della luna:

- Chissà perché il re ci ha convocati... - pensò Edward sedendosi al posto che gli era stato assegnato, il re era piuttosto preoccupato.

- Vostra maestà c’è forse qualcosa che non va? - chiese Ryoma.

- I pirati ci hanno mandato un ultimatum... - rispose il re preoccupato.

- Un ultimatum? - chiese Ryoma.

- Dobbiamo consegnare il trono a loro o ci faranno morire di sete...- rispose il re sospirando.

- Vostra maestà non dovete cedere al ricatto di quei pirati! - esclamò Edward.

- Edward ha ragione! Non potete farlo! - disse Ryoma.

- Voi non capite io devo farlo per la mia gente... - disse il re.

- Non servirà! - disse Ayame che fino a quel momento era stata zitta.

- Come? - chiese il re.

- Andrò questa notte stessa a recuperare la mia power stone. - disse Ayame.

- Brava nipote mia! E' così che parla un ninja! - disse il capo clan.

- Bene allora è deciso! - disse Edward.

- Credo che tu abbia frainteso... - disse Ayame.

- Che vuoi dire? - chiese Edward.

- Ci andrò io con mio fratello e un altro membro del mio clan. - affermò la ragazza.

- Vorreste andarci da soli? - chiese Ryoma.

- Da soli avremo più probabilità di avvicinarci non visti. - rispose Ayame.

- E sia, andate miei valorosi ninja! - disse il re.

Ayame e i suoi si allontanarono dalla sala mentre Edward era furioso.

- Edward non dovresti prendertela...- disse Ryoma poggiando una mano sulla spalla del amico.

- Lo so, è solo che non la capisco! - ringhiò il ragazzo.

- Io invece capisco perfettamente i suoi sentimenti - continuò Ryoma

- Che vuoi dire? - chiese Edward.

- Kraken ha rubato la sua power stone, è ovvio che voglia recuperarla con le sue sole forze. - rispose Ryoma

- Per lei è stato già un duro colpo il fatto di essere l’unica a non avere ancora utilizzato la forza della pietra - aggiunse Rouge.

- Non ci avevo pensato... - concluse Edward.



Quella notte:

- Bene figlioli, andate. - disse il capo clan mentre aiutava i nipoti a salire sulla piccola imbarcazione.

- A dopo nonno. - disse Kikuno.

- Tornate vittoriosi! - disse l’anziano.

- Contaci! - disse Ayame.

La barca si allontanò silenziosa.

- Padre c’è qualcosa che vi preoccupa? - chiese un giovane uomo.

- Questa notte un ninja perderà la vita... - disse l’anziano.

- Ne sei sicuro? - chiese ancora l’uomo preoccupato.

L’anziano ninja si limitò a sospirare riprendendo il cammino verso il palazzo.

In quello stesso momento gli uomini di Kraken si prepararono a dare battaglia in caso il re avesse deciso di non accettare la loro offerta. I ninja ne approfittarono per salire a bordo indisturbati.

- Dove sarà la power stone? - chiese Yue (Il nome è inventato Autrice)

- Deve trovarsi nella cabina di Kraken. - rispose Kikuno.

- Andiamo! - disse Ayame impaziente di tornare in possesso della sua power stone.

I tre ninja si intrufolarono nella cabina del capitano cercando di fare meno rumore possibile, ma vennero comunque individuati da Kraken.

- Abbiamo degli ospiti - fece Kraken sorridendo.

- Maledetto! Ridammi la mia power stone! - gridò Ayame saltandogli addosso.

- Vieni a prendertela se ci riesci! - disse Kraken schivandola.

- Questa la prendo io! - bisbigliò Kikuno riuscendo a prendere la pietra.

- Maledetti ninja! - gridò Kraken.

I tre ninja uscirono di corsa dalla cabina riuscendo a evitare i pirati, ma quando stavano per buttarsi in mare Kraken con un colpo deciso riuscì a riprendersi la pietra.

- La mia pietra! - disse Ayame tornando indietro.

Yue e Kikuno si buttarono in acqua e videro Kraken colpire mortalmente Ayame.

- Fratello... porta un messaggio a Edward e digli che… - queste furono le sue ultime parole prima di cadere nelle nere acque del mare.

- Sorellina! - gridò disperato Kikuno.

- Andiamo via Kikuno! Non possiamo fare più niente per lei! - disse Yue in lacrime.

Kikuno e Yue tornarono a riva a nuoto.

Giunti a palazzo i due si fecero annunciare al re che nel frattempo aveva convocato il resto del gruppo.

- Ci porti buone nuove. - disse il re.

- Purtroppo no, vostra maestà... - rispose Kikuno.

- Cos’è successo? - chiese la regina.

- Non siamo riusciti a recuperare la power stone e poi…poi... - cercò di dire Kikuno mentre tratteneva le lacrime.

- E’ forse successo qualcos’altro? - chiese la regina preoccupata dalla reazione del ninja.

- Purtroppo Kraken… Kraken ha… - Kikuno cercò di dire quello che era successo senza riuscirci.
Viste le condizioni di Kikuno, Yue si avvicino e cercò di spiegare ciò che il suo compagno non riusciva a dire: - Vostra maestà con il vostro permesso vorrei essere io a parlare... -

- Fai pure. - disse il re.

- Quello che Kikuno non riesce a dirvi è che Kraken… bhe... Kraken ha ucciso Ayame... - disse Yue trattenendo a stento le lacrime.

- Ayame è morta? - chiese Edward incredulo.

- Purtroppo è così... - disse Kikuno tirandosi un poco su.

Edward si sentì improvvisamente stordito, quella notizia lo aveva scioccato. Le voci intorno a lui erano diventate ovattate, ma poi reagì: - Dobbiamo fargliela pagare! - disse alzandosi e sorprendendo tutti.

- Sono con te Edward. - disse Ryoma alzandosi anche lui.

- Non siate affrettati! - disse la regina.

- Il vostro gesto è nobile ragazzi, ma la mia regina ha ragione. Se volete avere qualche possibilità dovete avere un piano studiato nei minimi particolari! - disse il re.

- Si, ma cosa possiamo fare? - chiese Rouge.

- Io avrei un idea - disse la regina.

Il gruppo si divise con l’intenzione l’indomani mattina di mettere in atto il piano suggerito dalla regina.

Era quasi l’alba, ma Edward non riusciva proprio a dormire, così decise di andare a fare due passi. Giunto sul pianerottolo che dava sulla spiaggia si sedette a contemplare il mare con aria triste.

- Hai intenzione di buttarti? - chiese una voce dietro di lui.

- No, non ti preoccupare, è solo che non ho sonno... - disse Edward poggiando la testa sulla balaustra

- Ti capisco. Anch’io non riesco a dormire...- rispose Kikuno avvicinandosi al biondino.

- Ti senti meglio Kikuno? - chiese Edward.

- Si, un po’ meglio. - rispose Kikuno.


- Posso chiederti una cosa? - chiese Edward.

- Certo. - rispose Kikuno.

- Prima ho avuto l’impressione che volessi dire altro, ma che in fine ti sia trattenuto... - disse Edward.

Kikuno fece un cenno di assenso e poi disse: - Prima di cadere in mare mia sorella mi a chiesto di portarti un suo messaggio. -

- Un messaggio per me? - chiese stupito Edward.

- Si, te l’ho scritto su questo foglio. Ho pensato fosse meglio così... -

Kikuno passò un foglietto a Edward, poi si allontanò per tornare in camera. Edward apri il foglietto e lesse mentalmente il messaggio - “Dì a Edward che sono felice di averlo conosciuto e digli che è l’unico uomo che abbia mai amato.” -

- L’unico uomo che abbia mai amato - pensò Edward arrossendo °////° e all improvviso gli tornarono alla mente tanti piccoli particolari del loro viaggio. Ricordò il giorno in cui aveva incontrato per la prima volta Ayame, il comportamento della ragazza nei suoi confronti e si diede dello stupido per non aver compreso i suoi sentimenti.

- Avevi ragione Ayame. Io non ti conosco e proprio per questo non ti ho saputo capire... - disse Edward stingendosi per il freddo, ma il ragazzo si sentì avvolgere da una coperta e si volto trovandosi davanti Ryoma.

- Che ci fai qui? - chiese Edward sorpreso.

- Facevi un tale baccano che mi sono svegliato. - mentì spudoratamente Ryoma.

- Scusami... -

- Non ce n'è bisogno. - rispose Ryoma appoggiandosi alla balaustra.

Ci fu un lungo silenzio, poi Ryoma disse - Se vuoi ne possiamo parlare...-

- Parlare di cosa? - disse Edward.

- Non fare il finto tonto!- incalzò Ryoma.

- Io non so di cosa parli!- disse Edward sorpreso.

- Puoi ingannare gli altri e forse anche te stesso, ma non me. - rispose Ryoma.

- Io… non so… - stava per dire Edward.

- Anche se per qualche misterioso motivo non riesci ad ammetterlo apertamente è ovvio che tu sei innamorato di Ayame. - lo interruppe Ryoma per poi andarsene.

- Aspetta Ryoma!- chiamò Edward senza ottenere risposta.

- Io sarei innamorato di lei... - bisbiglio Edward

La luce iniziò ad invadere tutto annunciando il nuovo giorno.

Nel palazzo si cominciavano i preparativi.

Poco dopo

- Eccoci Kraken! Ti abbiamo portato ciò che ci hai chiesto! - disse un uomo portando sulla nave delle casse.

- Vedo che stiamo iniziando con il piede giusto! - disse Kraken soddisfatto.

Dopo aver scaricato le casse sul ponte gli uomini del re si allontanarono di corsa.

- Capo possiamo dirci soddisfatti! - disse un pirata.

- Direi proprio di si! - disse Kraken.

- Io invece non credo proprio! - disse una voce proveniente da una cassa.

- Anch’io sono dello stesso avviso. - disse un’altra voce.

- Chi diamine ha parlato? - gridò Kraken furibondo.

- Noi! - dissero Edward e Ryoma saltando fuori dalle casse.

- Quei due maledetti! - disse Kraken furioso aggiungendo: - Eliminateli! -

Tutti i pirati si avventarono sui due.

- Metamorfosi! - gridarono Edward e Ryoma trasformandosi.

- Vediamo un po’ di che pasta siete fatti!- disse Ryoma gettandosi sui pirati, Edward ne approfitto per attaccare Kraken. Vedendo che il biondino gli andava in contro anche Kraken decise di trasformarsi.

- Non ti basterà usare la power stone per battermi! - gridò Edward furibondo.

I due iniziarono uno scontro violentissimo, Edward che era di per se molto forte in questa particolare occasione era una vera furia.

- Energia esplosiva! - gridò Edward e dal suo corpo partirono missili, Kraken riuscì ad evitarne alcuni ma molti lo colpirono.

- Maledetto! Me la pagherai! - gridò Kraken bombardandolo a sua volta.

- Palla di fuoco! - gridò Edward.

I colpi scagliati dai due furono talmente forti da scaraventarli lontano, Kraken sbatte sulla sua cabina dando fine alla sua metamorfosi e perdendo la power stone che schizzò via, mentre Edward dopo un ruzzolone cadde in acqua.

All’improvviso si mise a piovere.

- Sta piovendo - dissero stupiti gli uomini di Kraken.

Ryoma approfittò della distrazione di tutti per allontanarsi.

- Non è possibile... - disse Kraken.

- Capo, sarebbe il caso di svignarcela. - dissero Piovra e Polpo.

- Ma la mia power stone! - piagnucolo Kraken intanto che la nave si allontanava.

Poco distante da lì, su una spiaggia appartata, Edward era in uno stato a metà fra il sonno e la veglia.

- Edwa…ard…sveglia…ti…Edward svegliati - disse una voce che divenne sempre più chiara.

- Ayame! - gridò Edward svegliandosi.

- Meno male che ti sei svegliato! - disse Ayame aiutandolo a mettersi seduto.

- Sei tu Ayame, ma allora sono morto anch’io come te! - disse Edward osservandola.

- Che cavolo dici! Guarda che io sono viva e vegeta! - disse Ayame piuttosto seccata.

- Ma Kikuno ci ha detto che Kraken ti aveva colpita a morte! - rimbeccò il ragazzo.

- In effetti Kraken mi ha colpita, ma alla fine me la sono cavata meglio di quello che credevo... - rispose la ragazza toccandosi nel punto in cui Kraken l’aveva ferita.

- Ma se è così, perché non sei venuta al castello? Ci hai fatto preoccupare tutti! - gridò Edward arrabbiato.

- Ci ho provato, ma la ferita mi faceva troppo male... - disse Ayame dispiaciuta.

- Non importa... - rispose Edward felice che la ragazza stesse bene.

- Andiamo. - disse Ayame alzandosi.

- Aspetta non ce fretta... - disse Edward prendendola per il polso - Prima c’è una cosa di cui dobbiamo parlare... -

- Cosa? - chiese Ayame preoccupata dall’espressione seria di Edward.

- Ecco… Kikuno mi ha riferito il tuo messaggio - disse Edward imbarazzato

- Il mio messaggio? - chiese Ayame arrossendo.

- Sì. - rispose Edward diventando a sua volta rosso (dello stesso colore della sua tuta da aviatore)

Ayame non sapeva che dire.

- Quello in cui dicevi che sono l’unico uomo che hai amato... - disse Edward diventando ancora più rosso.

- Ecco… io… sarà meglio tornare dagli alt… - disse Ayame ma non poté proseguire perché Edward la baciò delicatamente sulle labbra.

- Che ti è saltato in mente? - esclamò Ayame confusa.

- Ecco… io… non… non lo so... - disse Edward iniziando a ridere nervosamente.

- Edward Falcon sei uno stupido zuccone! - gridò Ayame.

- Sono da questa parte - disse un uomo avvicinandosi.

- Stanno arrivando gli altri. - disse Edward

- Meno male - pensò Ayame un po’ sollevata



Inizio Flash Back

- Anche se per qualche misterioso motivo non riesci ad ammetterlo apertamente è ovvio che tu sei innamorato di Ayame -

Fine Flash Back



- Ryoma aveva ragione. Io sono innamorato di lei - pensò Edward.

Ayame si diresse verso i suoi amici che correvano verso la spiaggia.

- Devo parlarle prima che arrivino gli altri! - pensò Edward correndole dietro.

- Chissà cosa voleva dire Edward con quei discorsi strani... - pensò Ayame

- Ayame aspetta! - la chiamò Edward afferandola per una manica.

- Aiuto! - esclamò Ayame cadendo all' indietro.

- Scusa! - bibigliò Edward aiutandola a rialzarsi.

- Che cos’altro vuoi? - chiese Ayame pulendosi la gonna dalla sabbia.

Edward l’abbracciò stretta e iniziò a parlare: - Io sono sempre stato uno stupido. Non… non mi sono accorto dei tuoi sentimenti, ma mi sono comportato come se li capissi. -

- Edward... - disse Ayame arrossendo.

- Per favore Ayame fammi finire il discorso...- disse Edward serissimo.

Ayame si strinse al ragazzo.

- Ma quando Yue ci ha riferito della tua morte io… io… ho creduto che il cuore mi si fermasse. Solo allora ho capito quanto tu sia importante per me. E… ecco… quello che voglio dirti è che io… io ti amo -

- Cosa? - chiese Ayame sorpresa.

- Ti assicuro che sono sincero e se tu vorrai credermi io…- cercò di dire Edward interrotto da Ayame che gli diede un timido bacio e disse - Ci credo! -

Edward la prese tra le braccia facendola volteggiare in aria mentre gli altri li raggiungevano felici di vedere che Ayame stesse bene.



The and



Autrice: Cat-81

 "La favola di Jack" scritto da Malanova.

C’era una volta, tanto tempo fa …

E’ cosi che inizia la nostra favola, tutte le sere, quando è giunto il momento di andare a dormire. Non mi hai mai affidato alle cure delle nostre domestiche, nonostante ne avessimo avute tante, nemmeno per un giorno. Perché tu sei una brava mamma e le brave mamme si prendono personalmente cura dei propri bambini. Anche quella sera mi hai permesso di portarmi sul letto le mie pietre preziose che, al chiarore della fiamma della lampada a olio, mandavano i riflessi colorati dell’arcobaleno sui muri della stanza e sul soffitto. Ma la pietra che mi piaceva di più è sempre stata la tua: un grosso rubino, grande quanto la tua mano, dai riflessi viola che tenevi costantemente dentro a uno scrigno; l’unica pietra con cui non mi hai mai fatto giocare perché dicevi che era magica e quindi molto pericolosa. E mentre io guardavo le luci dei mie pietre danzare, la tua voce dolce mi accompagnava pian piano nel mio mondo dei sogni, appagato, felice. Ma quella sera la tua voce era diversa. E dai tuoi occhi scendevano piccole perle di cristallo che si rompevano sulla tua gonna senza far rumore. Solo più tardi avrei imparato il loro nome perché prima non sapevo neanche della loro esistenza: lacrime.

C’era una volta, tanto tempo fa …

Mamma. Quella notte tu mi hai svegliato e mi hai detto che dovevamo andare via. Mi hai aiutato a vestirmi, mi hai preso per mano e insieme siamo usciti dalla nostra grande casa. Io volevo tornare indietro a prendere le mie pietre, quelle che avevo abbandonato sul letto, ma tu mi hai trattenuto e mi avevi promesso che dove ci stavamo dirigendo ce ne sarebbero state di più belle. Mi ricordo che ti ho guardato sgranando gli occhi e tu mi hai sorriso, dolcissima come sempre. Fuori ci aspettavano un paio di domestici con una carrozza. Non ricordo i loro visi ma già mi facevano paura per come mi guardavano. Quando siamo entrati dentro l’abitacolo, mi hai preso tra le tue braccia e mi hai stretto forte, facendo cadere altre perle dal tuo viso, bagnandomi i capelli. Io avevo ancora sonno ed ho appoggiato la mia testa contro il tuo petto e ho ricambiato il tuo abbraccio. Profumi di buono. Profumi di rose.

Mi sono risvegliato solo quando mi hai sussurrato all’orecchio che eravamo arrivati. Sentivo l’odore salmastro del mare. E infatti eravamo arrivati su una spiaggia dove un magnifico veliero dalle vele bianche e la bandiera con lo stemma della famiglia Windslow, un giglio, in oro, sventolava sopra l’albero maestro. Appena siamo entrati dentro, i marinai hanno salpato le ancore. Presto avremmo raggiunto l’oceano. Mi hai portato dentro a una cabina e mi hai detto di continuare a dormire, perché l’indomani avremmo avuto tante cose da fare. Io, docilmente ti ho ubbidito, perché io ti voglio bene ma senza di te o le mie pietre non riuscivo a prendere sonno. Ma sono rimasto lo stesso sotto le coperte e ho ascoltato il rumore delle onde infrangere sul legno della nave, i borbottii dei marinai e la tua bellissima voce, che parlava con il capitano. Continuo così per tanto tempo finché … Sento le tue grida!

Mi precipito fuori e ti cerco. Le fiamme hanno invaso gran parte della prua e delle esplosioni provengono dalle stive. Sento gli uomini correre e dare dei ordini. Incontro anche un marinaio avvolto dalle fiamme che si butta in mare. Così mi ritrovo a voltarmi e vedo tante persone che galleggiano immobili sull’acqua e quella chiazza scura che c’era intorno a loro, attira gli squali … Mamma! Ho paura! Tutti correvano come insetti impazziti per cercare di spegnere l’incendio, nessuno badava a me o ascoltava le mie grida. Alla fine riesco a trovarti. Sei dentro a una cabina e le fiamme ti hanno circondato. Ti invoco e cerco di raggiungerti ma tu mi urli di andarmene via, di scappare il più lontano possibile. Stai per aggiungere qualcos’altro ma il soffitto crolla e tu … e io sento le perle che scivolano sul mio viso … Mamma!

Presto mi ritrovo anche io invaso dalle fiamme ma io non riuscivo a muovermi. Fissavo il punto dove eri sparita e continuavo a chiamarti. La mia voce si faceva sempre più rauca … Mamma … Mamma … Sopra di me ci stava un uomo che mi pare di averlo già visto … Non è lo zio Gustav? … “Questo piccolo cane rognoso è ancora vivo!” sbraita. Il suo alito puzzava di tabacco e di rhum “Buttatelo in mare e datelo in pasto agli squali!”. Delle mani mi afferrano e mi portano fuori. Poi sento il vento e infine l’acqua dell’oceano. Vado sempre più giù … più giù … Ma io non voglio abbandonarti! Non voglio!

Quando riprendo conoscenza sono di nuovo sulla nave. Tanti corpi giacciono intorno a me, ricoperti di liquido rosso. Sui loro occhi quello sguardo pieno di terrore, lo stesso che hai provato tu. Mi guardo le mani. Nere come il carbone, bruciate. In una mano stringo il pugnale con lo stemma di famiglia. La sua magnifica lama si è sporcata di rosso e io al principio non capivo il perché. Sento anche i rantolii dello zio, che sta pigiato contro la parete che porta alle cabine, con gli occhi di fuori dalla paura. Un ammasso di grasso vagamente assomigliante a papà. Forse è stato lui ad ucciderlo per prendersi il nostro patrimonio. Rido … Mi avvicino … Lui cerca di scappare ma io lo raggiungo … Gli stringo forte il collo … sollevo il mio braccio armato di pugnale … Lui grida pietà ma io l’ho messo a tacere … Muori, bastardo!

 

Fanfiction di Telesette


Falcon era irremovibile.
Anche senza la Power Stone, avrebbe affrontato ugualmente Valgas con l'ausilio delle sue sole forze.
Ayame era molto dubbiosa circa le intenzioni del biondo compagno ma, ora che la tana del nemico era proprio davanti a loro, ebbe come un terribile presagio davanti agli occhi.
Un attimo prima Edward era in piedi davanti al suo avversario e, nemmeno un istante dopo, il pugno micidiale di Valgas lo sollevava in aria per poi farlo ricadere esanime nella pozza formata dal suo stesso sangue...
Ayame rabbrividì.
- Ci siamo - esclamò Falcon rivolto ai compagni. - Tra poco affronterò Valgas!
Lo sguardo deciso e la luce dei suoi occhi non lasciava il minimo dubbio: Falcon aveva realmente intenzione di affrontare Valgas ma, senza la sua Pietra del Potere, il suo corpo e la sua forza erano quelli di un normale essere umano.
Gli altri non dissero nulla, rispettando la decisione del loro compagno, ma Ayame sembrava persino più in ansia dello stesso maggiordomo di Edward. Apollo cercò di convincere in tutti i modi il signorino a non fare sciocchezze ma, dato che questi era irremovibile come al solito, alla fine dovette rassegnarsi e promettergli di mettere in salvo suo padre dal luogo ove quei farabutti lo tenevano prigioniero.
Senza indugiare oltre, Falcon si fece avanti a passo lento e sicuro.
Vedendolo allontanarsi però, Ayame non fu più capace di trattenersi e gli corse davanti per sbarrargli la strada a braccia aperte.
- Che diavolo stai facendo, si può sapere?
- Tu, piuttosto - ribatté lei severa, senza abbassare le braccia di un millimetro. - Non puoi batterti con Valgas, senza la tua Power Stone, ti farà a pezzi...
- Non posso fare altrimenti - osservò Falcon impassibile. - Con o senza la pietra, so solo che devo vedere Valgas; devo guardarlo negli occhi, anche se ciò significa affrontarlo, e non posso tirarmi indietro!
- Sei pazzo ?!? - scattò Ayame incredula. - Praticamente ti stai andando a "suicidare"... Possibile che non te ne rendi conto?
- Togliti di mezzo, Ayame - rispose Falcon tranquillo, scostando leggermente la fanciulla con la mano.
Era inutile.
Falcon non intendeva ascoltare ragioni.
Ayame sbarrò gli occhi per un istante, incapace di credere che ciò stesse accadendo davvero, tuttavia non poteva permettergli di andare incontro ad una morte del tutto priva di senso.
Falcon non ebbe il tempo di rendersene conto che, cingendolo per la vita con entrambe le braccia, la giovane ninja si strinse a lui nel disperato tentativo di trattenerlo.
- Ayame - esclamò Falcon sorpreso. - Ma si può sapere cosa...
- Ti prego, Falcon - sussurrò. - Ti prego, non andare!
- E' la mia battaglia questa - rispose Falcon ostinato. - Lasciami andare, non fare la stupida!
Ayame non aveva scelta.
Non poteva più nascondere ciò che provava per lui, se voleva sperare di fermarlo.
Non poteva più tenere segreti i suoi sentimenti.
Falcon impiegò alcuni istanti per rendersi conto del bacio di lei, anche dopo che Ayame gli afferrò il volto per affondare le proprie labbra contro le sue.
Quello era l'unico bacio che la ragazza avesse mai dato a qualcuno in vita sua.
Il suo primo bacio! Fu in quel momento che Falcon comprese.
- Ayame - mormorò appena il giovane incredulo, non appena lei si sciolse da quel bacio guardandolo con occhi tristi e supplicanti. - Ayame, ma tu...
- Ti prego Falcon, non morire - singhiozzò lei, in preda alle lacrime. - Io non voglio che tu muoia... perché ti amo!
- Oh, Ayame!
Edward si sentì profondamente stupido.
Fino a quel momento si era sempre fatto trarre in inganno dalle apparenze, non comprendendo praticamente nulla dei suoi sentimenti, e lei invece si era innamorata proprio di un giovane che non la considerava nemmeno sotto quel punto di vista.
Certo Ayame non pretendeva di essere affascinante e desiderabile, non quanto lo erano Rouge o Cassy almeno, ma ciò non le impediva ugualmente di amare con tutta sé stessa il giovane che le faceva battere forte il cuore. Falcon era l'unico che lei avesse mai amato, anche se in passato aveva cercato di sottrargli la Power Stone per obbedire alle leggi della sua famiglia, e ora più che mai sentiva di amarlo più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Non le importava che lui ricambiasse o meno il suo stesso sentimento.
Tutto ciò che voleva era salvarlo, indipendentemente dal fatto che lui ricambiasse o meno il suo amore, per questo non aveva più paura di dichiarargli quanto fosse importante per lei.
Tuttavia anche Falcon riuscì a sorprenderla, rispondendo al suo bacio quasi con altrettanta passione.
Evidentemente anche il giovane si era reso conto di provare più del semplice affetto, verso quella piccola ninja coraggiosa dagli occhi grandi e pieni di vita. E se lui era davvero importante al cuore della fanciulla, certo lei lo era altrettanto al suo.

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